martedì 18 novembre 2014

Cronache dall'incubo 2 - il diario


"Sai cosa è utile?? Ma utile veramente ??"

Bellodemamma, te usi le parole con troppa poca consapevolezza, utile deriva da "uti", servirsi, significa"ciò di cui può farsi uso", per estensione"che serve a qualcosa, che reca vantaggio, che conferisce vantaggi". Secondo te si può parlare di qualcosa che serve NON veramente? Andiamo, su, non lasciamoci trascinare dall'ignoranza etimologica.

Questo era ciò che pensavo mentre guardavo il cubo di carne da centoventi chili di massa muscolare, e mi sono pure detta "no, che cavolo, solo perché è grosso e con uno starnuto fa fuori un gregge di montoni non  devo farmi intimorire"ma poi ho ritenuto che rimanere salda sulle mie posizioni in maniera più intima ed annuire mestamente fosse un buon compromesso per restare in vita.

"Beh, senti te lo dico. L'aglio"    

"Stai scherzando?"

"No no, serve davvero, non sai quanto"

"Ma dici sul serio? Cioè, io lo metterei anche nel caffelatte, figurati, uau, che notiziona"



In una stanza che sembra progettata dalla Stasi, dove si sente sempre e solo il clunk clunk degli attrezzi sommerso in un effluvio vaporoso di ascelle al massimo potenziale non è semplice capire distintamente tutte le parole che vengono dette.

Tipo senza confondere "diario" con "aglio".




Lui intendeva il famoso "diario alimentare", quello dove dovresti segnare, oltre che il peso (l'ultimo che me lo ha chiesto adesso è nel programma protezione testimoni), altezza, età (idem) e abitudini, ma soprattutto, dosi e tipologia di alimenti. 
Che è una cosa che fa vergognare tantissimo, se ti trovi a scrivere "colazione: krapfen- un pochetti".
Dopo la prima settimana gliel'ho restituito così:

Lunedì, mangiato: sì
Martedì, mangiato: sì
Mercoledì, mangiato: sì
Giovedì,  mangiato: sì
Venerdì, mangiato: sì
Sabato, mangiato: sì
Domenica, mangiato: sì  

Mi ha detto che non era ciò che intendeva.
E questo è un problema.
Perché giustificare me stessa è diventata un'abitudine talmente consolidata che ho imparato a falsificare la firma.

Mi andrà bene finché non specificherà che ciò che scriverò dovrà essere aderente alla realtà.

Fino ad allora, "un piatto di tuberi" e "patatine fritte" saranno considerati sinonimi.





domenica 9 novembre 2014

Basta chiedere


A sette anni ho iniziato a frequentare la parrocchia, l'idea di fare un'ora di catechismo non mi stava tanto male, poi nel volgere di breve scoprii pure che in oratorio potevo intrattenermi  liberamente con maschi adulti (da otto anni in su) e innamorarmi in democratica rotazione di tutti loro.
Presto però a quell'ora di catechismo toccò lo stesso destino dei pantaloni: mi andava stretta.
Ho iniziato a dubitare della bontà dell'insegnamento quando la signora che si sarebbe dovuta occupare della nostra fede disse che dovevamo amare Gesù più dei nostri genitori.

Andiamo, Gesù mica mi svegliava con un bacino.
Mica mi faceva da mangiare.
Mica mi teneva in braccio.
E soprattutto, non aveva quel buon odore dimmamma.
Ero troppo ben educata per ribattere, ma mi  avesse detto che aveva con sé un filmato in cui Beethoven ballava nudo  la lambada, ci avrei creduto di più.
Ricordo che chiesi conferma ai miei, che in evidente conflitto di interesse  mi assicurarono che Dio non s'offende se uno vuol bene a mamma e papà, soprattutto se ha sette anni.

Immagino che spiegare la religione ai bambini sia parecchio complicato, ma avrei preferito un Dio tipo che ci vuole tanto bene ci ha creato un mondo meraviglioso ma poi noi facciamo le minchiate e lui ci perdona pure a quello incazzoso dell'Antico Testamento che fulmina tutti come fosse una 380, propinatoci a dottrina.
Non mi capacitavo di troppe cose, la storia del figliol prodigo, la pianta di fico (neanche ad una donna al nono mese viene in mente di folgorare un albero se non trova la frutta fuori stagione), il pentimento in punto di morte, il fatto che basta chiedere e vi sarà dato.
Con tutto quello che chiedevo io, forse lo domandavo con troppa educazione.

E' che sono sempre stata così, educata, non ho mai pestato i piedi per ottenere qualcosa, nemmeno con i miei, nemmeno adesso con Lui, che mi fa sentire sexy come un budino di riso, è un periodo in cui anche Rocco Papaleo lo batterebbe sul piano della verve amorosa.
Stavo proprio pensando, che insomma, mi da così per scontata, vorrei davvero che si allarmasse per lo sguardo di uno sconosciuto su di me, per il commento di un suo amico, per una incomprensione che gli facesse venire anche un solo, piccolo dubbio.
Ma non ho il coraggio di far nulla per provocare tutto questo, non sono così carogna e sinceramente non ho voglia di farlo star male.

Ci fosse però, pensavo, così, non per colpa mia, ma un non so, un bel maschione arrapato che gli desse solo un po' fastidio per niente di che, un modo di guardare me e il mio sedere, che lo facesse solo sospettare che non per forza piaccio a Lui e basta, che insomma, tengo una patata e me la merito anche.
Ancora.
Nonostante Lui.

E allora mi è venuto in mente, ma incontrassi un bell'uccello affamato che mi intercetta per strada mentre Lui vede tutto.
Mica ci farei nulla, ma almeno darei un po' di brio alla Sua giornata, diamine.
E oggi, per la prima volta in trentadue anni, Gesù ha subito esaudito le mie preghiere.









Alla lettera.





Questo è l'uccello (pettirosso) che ho trovato mentre ero in giro con Lui, ferito, assetato e affamato, proprio come avevo chiesto.

E mi tocca pure ringraziare il Padre eterno per tutto questo.






(e ringrazio pure la Lipu, a cui ho asfaltato i maroni tutta la giornata di domenica perché non sapevo che fare)